Itinerario Geo-Paleontologico

Dal Civico Acquario Marino, passeggiata lungo la Riva Nazario Sauro fino alla Riva Caduti per l’Italianità di Trieste

Da notare i diversi tipi di pietre impiegati: pietra calcarea, sui bordi della riva, e pietra arenaria (masegni), che pavimenta la riva dove non c’è l’asfalto.
Pietra calcarea: i calcari delle rive non sono sempre uguali.  Alcuni sono manufatti più antichi, consumati dal tempo e dall’usura (calcari provenienti dall’Istria), altri sono stati posti più recentemente. I primi hanno un aspetto omogeneo, con chiazze di colore diverso per inclusi marnosi. Sui blocchi di posa più recente, invece, che provengono probabilmente dal Carso triestino, si osservano le rudiste, che a volte si possono determinare: Radiolites dario, Biradiolites sp, requienidi. Nel Carso triestino, Radiolites dario e Biradiolites si trovano, per es., nelle cave di Aurisina (comune di Duino-Aurisina, TS) (Età: Santoniano-Campaniano 86-72 milioni di anni fa, Ma). Sulla superficie di alcuni blocchi calcarei si vedono dei mud crack riempiti da sedimento sottile. In altri si notano fratture zizzaganti chiamate stiloliti.
Pietra arenaria: camminando lungo le rive si apprezza ancora l’antica pavimentazione in masegno, sostituita, a volte, da lastre in pietra arenaria di moderna lavorazione. La differenza è notevole: il masegno è la pavimentazione originaria, realizzata con conci di arenaria spessi 25-30 cm e con superficie irregolare, prodotta a punta di scalpello; le lastre in pietra arenaria più recenti, invece, sono spesse 8 cm e presentano superficie liscia.

Molo Audace

Chiamato in origine San Carlo, dal nome del relitto su cui era costruito. Audace è il nome della prima nave della Marina Italiana, la torpediniera Audace, che attraccò alla fine della prima guerra mondiale. L’evento è ricordato dall’epigrafe sulla rosa dei venti in bronzo (con base in calcare dalla probabile provenienza istriana) all’estremità del molo. Il molo non è bordato da pietra calcarea, come le rive, ma ha soltanto masegni. Dal molo si osserva una veduta panoramica della città di Trieste e dei dintorni. In primo piano si notano i colli in marna ed arenaria (flysch) circondati dai calcari del Carso (si notano per es., sotto Monte Grisa, calcari terziari ad alveoline e nummuliti, 58-48 Ma).  All’indirizzo Molo Audace, c’è un piccolo edificio dei primi decenni del ‘900, rivestito in lastre di travertino (da cave toscane). Oggi, invece, si tendono ad utilizzare pietre caratteristiche del territorio dove una città sorge, per preservarne le peculiarità storiche ed architettoniche.

Piazza dell’Unità d’Italia

Chiamata in origine piazza San Pietro, dal nome di una chiesetta allora presente, poi piazza Grande, quindi, dopo il 1918, piazza Unità, quando la città fu annessa al Regno d’Italia. Nel 1955, quando Trieste ritornò all’Italia, prese la denominazione attuale. È pavimentata in lastre di arenaria di recente posa, spesse 8 cm e con superficie fiammata (trattata, cioè, con fiamma ossidrica, che vetrifica il primo strato di roccia). I fori rotondeggianti (foto 3a), di dimensioni variabili, spesso presenti sulla superficie delle lastre, erano riempiti in origine da corpi marnosi dalla forma sub-sferica. La marna è più tenera e friabile dell’arenaria (perché deriva da sedimenti fangosi e non da sabbia) e quando questi inclusi vengono messi in superficie (per es. dal taglio della roccia) tendono ad alterarsi velocemente.  A volte si notano anche delle fratture bianche, perché riempite da calcite (carbonato di calcio).

Fontana dei Continenti 

(Mazzoleni, 1751-1754)

È un compendio della geologia del Carso triestino. Ai 4 lati, le sculture degli animali  sono formate da calcari di Aurisina, ricchissimi di radiolitidi (rudiste molto comuni in Carso) che si presentano in diverse sezioni. Agli angoli del blocco centrale si osservano calcari con rudiste di un altro gruppo, le requienidi, più piccole di taglia. Le requienidi indicano un antico ambiente marino (paleoambiente) più protetto rispetto alle radiolitidi. Questi calcari derivano probabilmente dal Carso trestino: le requienidi si trovano a partire dall’Aptiano-Albiano (125-113 Ma), le radiolitidi sono più comuni dal Cretacico superiore (da 100 Ma), come nella Cava Romana di Aurisina. Nel calcare a requienidi, si osservano delle scannellature (o rillenkarren dal tedesco). Non sono molto profonde perché il calcare non è puro (è fossilifero). Sulla fontana i rillenkarren sono posizionati orizzontalmente, ma in origine, sullo strato, erano verticali (più difficile, in questo caso, è capire l’alto ed il basso dello strato). Le rudiste appaiono molto in rilievo: questo perché il calcare della statua ha subito un’alterazione, dal momento della sua realizzazione (1751-1754) ad oggi, che ha portato le rudiste a sporgere rispetto alla matrice calcarea sottostante. Ci sono diversi lavori che parlano del tempo di corrosione del calcare: in un’area a clima temperato, sottoposta in media a 1300 mm di precipitazioni annue, la superficie calcarea si abbassa di circa 0,02 mm l’anno (2 mm ogni 100 anni circa). Le vasche per l’acqua sono bordate da un marmo calcareo: una breccia organogena (cioè ricca di gusci di organismi marini) calcarea, formatasi in un ambiente ad alta energia (per es. un accumulo di sedimenti grossolani depositati vicino alla costa). Questo tipo di “marmo” si chiama “Aurisina Fiorita”, ed è definito come un calcare compatto, con una ricchissima frazione organogena, rappresentata da frammenti, con forma e dimensioni molto varie (mal classati). Il colore di fondo è grigio, ravvivato dalle “fioriture”, cioè frammenti organici dati per lo più da gusci di rudiste fratturati. Una roccia di questo tipo viene estratta ad Aurisina.
La base delle statue dei continenti è formata da un calcare nero, bituminoso, stratificato, ancora diverso dai precedenti, (calcare di Comeno). Quando la fontana era nuova, appariva probabilmente nero e lucido, ed il contrasto doveva essere notevole.  Adesso appare biancastro, a causa dell’ossidazione, ma se bagnato riappare l’originale colore scuro.  Ai 4 lati della fontana, invece, le statue dei continenti sono in marmo , il vero marmo, cioè una roccia metamorfica, composta prevalentemente da carbonato di calcio. Questo tipo di roccia non è presente nel Carso, dove invece è chiamato marmo il calcare estratto dalle cave (per es. il “marmo” di Aurisina).

Base statua Carlo VI d’Asburgo

Ottimo esempio di calcare a rudiste. È possibile il riconoscimento di diverse specie e quindi dare un’età ed una possibile provenienza al calcare. Le rudiste presenti sono: Katzeria hercegovinaensis, Biradiolites sp., Radiolites dario. Il calcare deriva probabilmente dalle Cava Romana di Aurisina (Cretacico superiore, Santoniano-Campaniano 86-72 Ma).

Colonne alla base del Municipio

La loggia del Municipio presenta le colonne con alcune pietre calcaree scheggiate dai cannoneggiamenti tedeschi, che il palazzo comunale di Trieste subì dal mare nel corso della II Guerra Mondiale. Sul calcare che orla il portone d’ingresso, invece, si osservano fossili di rudiste (requienidi)

Piazza della Borsa

Pavimentazione in lastre di arenaria e masegni storici. Le piastrelle di arenaria appaiono meno marnose di quelle di piazza dell’Unità, senza screpolature (non ci sono le cavità superficiali tondeggianti, prodotte dalla erosione della marna), più compatte e con rare venature. Si notano alcuni masegni ricchi di tracce fossili: strutture di locomozione/nutrizione prodotte nel sedimento da organismi simili a vermi, circa 45 Ma. Questi animali utilizzavano, come risorse alimentari, le sostanze organiche contenute nel sedimento nel quale vivevano.

Palazzo della Borsa 

(1802-1806, A. Mollari )

In stile neoclassico, ha la facciata principale su piazza della Borsa, con un portico a quattro grandi colonne in calcare di Aurisina (Aurisina Fiorita). Nella matrice calcarea si osservano le fioriture, formate da frammenti di gusci di rudiste. Il calcare è bocciardato (trattato cioè con la bocciarda, un particolare martello con punte piramidali che, percosso ripetutamente sulla superficie rocciosa, le conferisce un aspetto irregolare).  Alla base di una colonna si notano delle Vaccinites, rudiste con conchiglia robusta, caratterizzate dall’avere i pilastri nella cavità generale all’interno della conchiglia (come tutte le Hippuritidae). Rappresentano antichi ambienti ad alta energia ed ossigenati. Nel Carso triestino si rinvengono nei calcari del Cretacico superiore, per es. nella zona di Aurisina (Cave).

Teatro Verdi 

(1798-1801, M. Pertsch)

L’affaccio principale, su Piazza Verdi, presenta un portico sostenuto da pilastri in pietra d’Istria, una pietra calcarea del Cretacico, nella quale si notano delle laminazioni sottili ed ondulate, sovrapposte e parallele tra loro, chiamate stromatoliti. Sulla facciata si notano i segni delle cannonate sparate negli scontri del 1813 tra francesi (che dominavano la città) ed anglo-austriaci.
A memoria di quel periodo, al Civico Museo del Mare di Campo Marzio, si conservano i resti della Fregata Napoleonica Danae, appartenente alla marina da guerra francese.

Palazzo Carciotti 

(1798-1805, M. Pertsch)

La facciata principale, rivolta verso il mare, presenta un basamento a bugnato di pietra d’Istria, dove si notano le stromatoliti. Queste sono particolarmente in rilievo ed in alcuni punti decisamente erose e rovinate. Probabilmente la vicinanza con il mare (che in origine era ancora maggiore), ne ha favorito l’erosione.

Canal Grande

Originariamente era il canale principale che attraversava le saline. Nel 1756, per ordine di Maria Teresa, venne ampliato e dotato di sponde murate, per permettere alle imbarcazioni di giungere fino al centro della città e scaricare le merci. Era lungo più di oggi, arrivando a lambire la chiesa di S. Antonio. A ricordare quei tempi rimangono, ai lati del canale, i “garofolini” , le bitte settecentesche in calcare a rudiste (si osservano varie sezioni di rudiste di difficile determinazione). Le rudiste appaiono in rilievo, a causa della dissoluzione differenziale subita dal calcare dalla realizzazione delle bitte ad oggi. Le sponde, invece, sono formate da grandi masegni, alcuni forati al centro.  Alla base del Ponterosso, sulla piazzola che sorreggeva il ponte apribile, c’è un antico idrometro (1758), una pietra calcarea graduata sulla quale venivano effettuate le letture relative delle escursioni del livello del mare (chiamato “zero ponte rosso”).

Piazza S. Antonio Nuovo

Nel 1769 venne eretta, nel tratto antistante la parte terminale del Canal Grande, una chiesa barocca dedicata a S. Antonio (poi demolita; quella attuale è stata completata nel 1849). Nel 1934 iniziarono i lavori di interramento del canale verso la piazza, che portarono Piazza S. Antonio ad assumere l’odierna fisionomia. La pavimentazione è fatta da calcari diversi: calcare a condrodonte (probabilmente proveniente dall’Istria), calcare a stromatoliti (pietra d’Istria), calcare con mud cracks, “marmo” calcareo tipo “fior di mare” ecc. di dimensioni e forma molto variabili. Ai bordi della fontana, invece, ci sono calcari con sezioni di caprinidi, particolari rudiste con la valva superiore spiralata simile ad un corno di capra (da cui il nome). Si intravvedono i canali longitudinali nello spessore del guscio (canali palleali).

Glossario

ARENARIE (masegni, dal latino machineus, grossa pietra da macina, perché usate per le macine da mulino): rocce sedimentarie formate da sabbie litificate (=trasformate in roccia). L’arenaria di Trieste deriva dal FLYSCH (dal tedesco “fliessen”, terreno che scivola), una sequenza di rocce sedimentarie (marne ed arenarie) formate dalla deposizione di sedimenti fangosi e sabbiosi rispettivamente, in un bacino marino ad opera di apporti terrigeni (correnti di torbida) durante l’orogenesi (formazione delle montagne). Età della roccia: 47–4 Ma (Eocene medio).

BRECCIA: roccia sedimentaria clastica, formata da frammenti (clasti) di dimensioni superiori ai 2 mm e con spigoli vivi.

CALCARI: rocce sedimentarie formate prevalentemente da calcite, un minerale costituito da carbonato di calcio (CaCO3). I calcari utilizzati a Trieste sono formati da resti mineralizzati di organismi marini quali conchiglie, coralli, alghe calcaree, foraminiferi, accumulatisi in un fondale marino tropicale poco profondo (piattaforma carbonatica). Età di formazione della roccia: 125 – 66 Ma (Cretacico). Nel Carso triestino vi sono anche calcari di età più recente (Formazione Liburnica, Calcari ad Alveoline e Nummuliti) con diverso contenuto fossilifero e diverso ambiente di formazione.
I CALCARI SONO MARMI? Per il geologo, il MARMO è una roccia carbonatica metamorfica. I calcari del Carso triestino sono invece rocce sedimentarie e quindi, per il geologo, non sono marmi. Nell’uso commerciale e tecnico, invece, per MARMO si intendono tutte le rocce formate da minerali con durezza Mohs media di 3-4*, lucidabili e lavorabili, utilizzate dall’edilizia all’arredamento. Quindi “commercialmente” i calcari possono essere considerati marmi. (*scala di Mohs: scala empirica per determinare le durezze dei minerali; il minerale più tenero è il talco, con durezza 1; il più duro è il diamante, con durezza 10.

CAPRINIDI(Caprinidae): comparse nel Cretacico inferiore, circa 120 Ma ed estinte nel Cenomaniano, 100,5-93,9 Ma, sono una famiglia di rudiste con un guscio spesso, percorso da canali longitudinali (chiamati cavità palleali), indicatrici di un paleoambiente ad alta energia.

CHONDRODONTA: molluschi bivalvi simili ad un’ostrica, estinti nel Cretacico superiore. Nel Carso le condrodonte si trovano nei calcari del Cenomaniano superiore (95-93,9 Ma).

MARMO: roccia metamorfica, formata quando una roccia sedimentaria (come calcare o dolomia) subisce una ricristallizzazione (per opera di alte temperature e pressioni) che porta alla cancellazione della tessitura e delle strutture sedimentarie presenti nella roccia originaria (fossili, stratificazioni ecc.). Il marmo si presenta come una roccia pura (senza stratificazioni, inclusi ecc.), a struttura cristallina, grana uniforme ed aspetto saccaroide (p.es. marmo statuario di Carrara).

MARNA: roccia sedimentaria formata dalla cementazione dei fanghi.

MUD CRACKS (poligoni di disseccamento): strutture sedimentarie formate quando un sedimento fangoso, esposto a sole ed aria, subisce un disseccamento ed una successiva contrazione che provoca delle fratture poligonali. La loro presenza è un chiaro segno di emersione.

RILLENKARREN (in tedesco) o scannellature: solchi rettilinei generati per corrosione delle acque piovane sulle rocce calcaree.

RUDISTE: gruppo di bivalvi estinto, con valve differenti (inequivalvi), molto diversi dai bivalvi attuali. Comparse nell’Oxfordiano (Giurassico sup.) 163,5-157,3 Ma, estinte al passaggio Cretacico-Terziario, 66 Ma, come i dinosauri. Organismi sessili (fissati o aderenti al substrato), bentonici (vivevano sul fondale marino), solitari o gregari, vivevano nel mare temperato e poco profondo della Tetide. Erano i caratteristici costruttori di barriere del Cretacico (anche se le “barriere a rudiste” erano molto diverse da quelle a coralli).

STILOLITI: particolari venature, a forma di sutura cranica, presenti nelle rocce calcaree. Si formano per un aumento della pressione, che favorisce la dissoluzione della matrice (il materiale fine che riempie gli spazi tra i granuli) costituita da carbonato di calcio.

STROMATOLITI: successione di sottili lamine sovrapposte, che si formano quando sedimento molto fine rimane intrappolato nei biofilms prodotti da microrganismi fotosintetici come le alghe azzurre. La successione di biofilms algali e lamine fangose formano le stromatoliti, una delle più antiche testimonianze della vita sulla terra, potendo risalire ad 3,5 miliardi di anni fa (Archeano). Oggi si trovano in ambienti marini tropicali (ad es. Australia, Florida, Bahamas) o lacustri.

TRAVERTINO: roccia calcarea di origine chimica, formata per precipitazione del carbonato di calcio da acqua satura in prossimità di sorgenti, cascate o bacini lacustri. Durante la rapida formazione delle incrostazioni calcaree, rimangono inglobati resti vegetali (come foglie o ramoscelli), la cui successiva decomposizione e dissoluzione contribuisce a dare origine alla caratteristica porosità.

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